La famiglia elisabettina ha adottato questo cantofin dagli inizi (èriportato nel primolibro di orazioni vocali per la famiglia elisabettina), durante il triduo di preparazione allasolennità di san Giuseppe. Dopo gli anni Settanta anche le devozioni hannoseguito gli orientamenti della riforma liturgica. Ben si addice al Santo l'appellativodi «fortunato» perché scelto da Dio per la missione più santa che si possa avere sulla terra:essere padre putativo del Figlio diDio e sposo della Vergine, sua Madre: fortunato, perché la sua vita si svolse accanto a una Presenza divina e santache era già salvezza per tutti. L'andamentomusicale e il contenuto del canto riflettono il suo carattere popolare euna devozione che ha caratterizzato in particolare l'Ottocento e il primo Novecento.
O Giuseppe fortunato,
tu nutristi il Salvator,
il supremo Re incarnato:
mangiò il pan coi tuoi sudor (2v).
Guida fosti, o casto Sposo,
di Maria, amabil fior,
di quel giglio sì odoroso,
senza pari nel condor (2v).
Nell’estrema tua agonia,
nei mortali tuoi sudor,
or Gesù ed or Maria,
tu chiamavi con ardor (2v).
O Giuseppe, il cuor ti dono,
sempre a te ricorrerò,
non lasciarmi in abbandono
finché al ciel non giungerò (2v).
Rit.
Benedici a noi, Giuseppe,
ti preghiam con voti ardenti;
le tue figlie siam, fidenti
in quel tuo paterno sen.
Gran Patrono, ci concedi
che il cuor nostro al tuo somigli.
Tu ci scampi dai perigli,
finché noi saremo in ciel!
Benedici a noi, Giuseppe,
finché noi saremo in ciel!